Ascoltare nella maggior parte delle professioni è un elemento non eliminabile. Serve per l’analisi di esigenze formative, per una pianificazione strategica, per un percorso di carriera… quasi sempre, in tutti i lavori, c’è un momento in cui ho bisogno di ricevere informazioni cruciali da un altro essere umano.
Quindi di fare delle domande, spesso, e ascoltare dei contenuti, quasi sempre.
Ascoltare, e soprattutto ascoltare attivamente come dicono gli psicologi, è però una cosa difficilissima da fare. Spesso crediamo di farlo, in realtà facciamo altro, e quindi non otteniamo i risultati che desideriamo.
Condivido su questo un intervento molto interessante e divertente di Ernesto Sirolli sull’ascolto: ecco il video con le trascrizioni.
Sirolli parla di una sua esperienza in Zambia, nella quale collaborando con una ONG ha cercato di portare l’agricoltura nel Paese. Con tragici effetti che non vi anticipo (è veramente comico sentirli da lui!), ma una frase riassume tutto il senso del video e degli errori che molti di noi commettono nel lavoro. Racconta Sirolli di questa conversazione tra i volontari e gli abitanti dello Zambia:
Perchè non ce l’avete detto??
Perchè non ce l’avete mai chiesto.
Come dice anche il mio supervisore di coaching: la prima legge per ascoltare è… tacere!
Fin qui la parte facile. Se avessi appena letto penserei:
Ok, chiaro. Per il mio lavoro è importante capire cosa l’altro vuole e di cosa ha bisogno.
Mi hai detto che la tecnica è tacere.
Sto zitta.
Sono a posto.
Il problema è che tacere con le corde vocali è una condizione per tacere sul serio, ma non l’unica.
Vediamole:
- Tacere significa essere in silenzio, fuori e dentro. Ovviamente evitare di parlare (sopra all’altro, addosso a lui). Ma anche evitare di parlare internamente. Se mentre una persona mi parla io ho una radio in testa che manda a tutto volume pregiudizi, opinioni o suggerimenti… non sto affatto facendo silenzio! Mi viene in aiuto una metafora con cui un bravissimo ballerino di tango, Carlitos Espinoza, mi ha spiegato questa idea del tacere. Dice Carlitos che tacere col corpo significa: spegnere l’attivazione che viene da sè e ascoltare cosa ci sta proponendo lui (il ballerino). Anche se sono ferma, se ho il corpo attivato con una molla interna pronta a scattare, non c’è spazio per ascoltare lui.
Lo stesso vale con i pensieri.
Promemoria per monitorare i momenti di radio accesa: un mio insegnante definisce le donne che vanno da sole senza ascoltare il ballerino… trote arpionate che si agitano! Ho reso l’idea? La prossima volta che ti sembra di essere distratto durante un colloquio, pensa che l’altro potrebbe vederti come una trota arpionata che non può aspettare le sue riflessioni!
Ascoltare non è fare la trota arpionata
- Tacere ascoltando serve per fare poche ma cruciali domande. Come nell’esempio di Sirolli.
Se non mi chiedi perchè non ho mai coltivato i pomodori nel mio fiorente Paese, non te lo dirò.
Sul secondo punto una fonte sempre preziosa è Edgar H. Schein (MIT Sloan School of Management) con il suo L’arte di fare domande, quando ascoltare è meglio che parlare.
QUINDI
Tacere, abbassare la radio interna e chiedere con genuinità quello che serve sapere. Questa per me è un’utile linea di condotta nei colloqui e nelle sessioni di coaching.
Io credo un ascolto vero sia l’unico modo per essere genuinamente insieme all’altro nel suo discorso. E quindi, per aiutarlo.